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Autore: Gianfranco

Teodone (Brunico)

Teodone (Brunico)

Se mai vi trovaste nei pressi di Brunico con un paio d’ore da riempire, vi consiglio di andare a visitare il “Museo etnografico Teodone” (Museo Provinciale degli Usi e Costumi). E’ un museo all’aperto che sorge su tre ettari di campagna altoatesina, con costruzioni in legno e arredi tipici del mondo contadino sudtirolese di ben oltre un secolo fa. Aperto nel periodo che solitamente va da dopo Pasqua a ottobre, oltre che offrire l’opportunità di una piacevole passeggiata in mezzo al verde è anche occasione di una visita culturale e didattica per adulti e bambini. Indicato, direi, anche per visite scolastiche.

Ecco alcune foto per incuriosirvi

 

per approfondire

http://www.val-pusteria.net/it/highlights/musei-e-mostre/museo-etnografico-di-teodone.html

A Rosanna

A Rosanna

Dente di leone

Per molti il Dente di Leone (Tarassaco) è una pianta fastidiosa, altri lo considerano un’erba utile e preziosa.
Tanto forte e resistente, quanto leggeri sono i suoi frutti che si lasciano trasportare dal vento 

A Rosanna

Te ne sei andata così
senza tanto rumore
in punta di piedi
hai salutato col cuore
 

Una notte d’inverno
mentre il sole dormiva
per non disturbare
il nuovo giorno che usciva
 

Un ultimo sguardo
ed un breve sorriso
per mano al calore
custodito e diviso
 

con le persone più care
come gemme preziose
tra quelle più rare
o come semplici rose
 

Mentre l’Anima torna
tra gli amori che ha perso
fuori il giorno si tinge
di un azzurro più terso
 

della Luce Divina
che in quel mentre ha deciso
di tenerti con Sé
lassù nel Paradiso
 

rosa rosa
E' quasi un anno che ci hai lasciati e oggi, 3 gennaio, sarebbe stato il tuo compleanno.
Ti porteremo sempre nei nostri cuori, fiore delicato come le rose che tanto amavi.

 

(gianfrancomarangoni 24/02/2012)
(con la colaborazione e i preziosi consigli di Antonella, mia moglie e sorella di Rosanna)

Rosa blu dell’inverno

Rosa blu dell’inverno

Rosa blu dell’inverno

Immagino un fiocco di neve che cade
e senza rumore alla fine si posa
passando tra i rami spogli d’inverno
sui petali blu di quell’ultima rosa

**

Nel giardino imbiancato tutto il mondo riposa
Sotto il manto leggero di un vestito da sposa

**

Nel silenzio fatato si diffonde la pace
Solo qualche sospiro, non un filo di voce

**

Volo via col pensiero, porto il cuore lontano
Dove il cielo si tocca allungando la mano

**

E lo sguardo si perde in un mare di stelle
Sposa mia sei la stella, bella tra le più belle

**

Dopo un po’ torno giù, né paradiso, né inferno
nel mio giardino ti cerco per non perderti più
fiore unico al mondo, rosa blu dell’inverno

***

(gianfrancomarangoni 13/12/2012)
 

Dal Malleus Maleficarum ad Halloween

Dal Malleus Maleficarum ad Halloween

Il Malleus Maleficarum (il martello delle malefiche, “streghe”) è un testo pubblicato nel 1487, nato da un’idea malsana formatasi nella testa di un frate domenicano, Heinrich Kramer, con la collaborazione del suo degno compare Jacob Sprenger, allo scopo di fornire tutte le indicazioni necessarie per smascherare e reprimere la stregoneria. In pratica divenne il manuale del perfetto inquisitore, mandato che Kramer ottenne da papa Sisto IV nel 1474  per ricambiarlo della sua fedeltà alla causa della Chiesa romana. Il processo in cui venne sconfitto ad Innsbruck per opera di un avvocato che riuscì a far valere i diritti dei processati nonostante la fama di grande inquisitore che si portava appresso, costituì per Kramer lo stimolo giusto per mettere nero su bianco la sua personalissima visione della stregoneria e del modo per contrastarla. A rendere il manoscritto ancora più autorevole fu l’inserimento in prefazione della bolla Summis desiderantes affectibus  (Desiderando con supremo ardore) di papa Innocenzo VIII che già tre anni prima riconosceva l’esistenza delle streghe e concedeva l’approvazione papale all’inquisizione e, proprio in risposta alla richiesta dei due frati Domenicani, li nominava inquisitori con l’incarico di estirpare la stregoneria in Germania. Non solo, il libro aveva ottenuto anche una Approbatio da una commissione di teologi dell’Università di Colonia, un falso tuttavia, prodotto con la connivenza di un notaio compiacente.
Il testo è diviso in tre parti. Nella prima affronta la natura della stregoneria e spiega come le donne siano predisposte a cedere facilmente alle tentazioni di Satana a causa della loro debolezza e intelletto inferiore. Nella seconda parte indica invece come smascherare la stregoneria e nella terza come si catturano le streghe, si processano e si eliminano, non prima di aver ottenuto una piena confessione anche e soprattutto con l’utilizzo della tortura.
Niente da dire, proprio delle brave persone che si adoperavano per la sconfitta del male, abusando del loro sconfinato potere con il permesso del papa rappresentante pro-tempore di Dio Onnipotente.
Da qui ad Halloween il salto è decisamente lungo, e a dire il vero il richiamo alle “streghe” è più di contorno al reale significato di questa festa di origine druida che aveva lo scopo di placare gli spiriti dei defunti e alla quale si è associato un simbolismo che si è modificato col passare del tempo fino ad includere temi che hanno a che vedere con la morte, il male, l’occulto, i mostri, i fantasmi e, per l’appunto, la stregoneria. Tutti elementi che hanno acceso l’immaginazione di vari produttori cinematografici che si sono a loro volta sbizzarriti ad aggiungere qualche nuovo contenuto di paura, ma anche a farne delle simpatiche parodie.
“Maschi tremate, le streghe son tornate” recitava lo slogan di un divertente film con Eleonora Giorgi e Renato Pozzetto durante una manifestazione femminista. Streghe moderne, streghe in carriera, streghe ai fornelli, streghe al supermercato, streghe a far quadrare i conti in famiglia, e qua la magia serve davvero. Le streghe son tornate? No, non le streghe, le fate, e sono sempre state al nostro fianco.
 
Buon Halloween !
 
 
articolo correlato: El pegnatin (la magia de ‘na olta) – Posia dialettale
 
Il lago a sera

Il lago a sera

 

 

 

Nel silenzio dell’imminente sera
si sentiva soltanto il rumore dell’acqua
che accarezzava gli scafi delle barche addormentate

 

 

 

 

e nell’ombra tenue delle nuvole stratiformi
i gabbiani volavano sfiorando le onde
mosse da un alito di vento

 

 

 

Uno spicchio di luna si intravedeva nel cielo
appena rischiarato dalla luce rimasta
pochi istanti prima del crepuscolo

 

 

 

 

 

e già nascosto oltre l’altra sponda,
il sole dipingeva di rosso l’orizzonte,
interrotto a tratti dalla scia di un aeroplano

 

 

 

 

 

 

(gianfrancomarangoni 21/10/2012)

Sete di …

Sete di …

Sete di …

Ho tanta sete,
ti guardo, lì davanti a me, quieto,
mi colpisce di te appena un alito di vento

Affondo le mie radici
in questa terra generosa e riarsa lambita dalle tue onde,
tenere carezze che si allungano sulle sponde

Quasi ti tocco,
sembri così vicino che la realtà ancor più dura nel mio profondo giace,
come sarebbe immergere le fronde mentre questa sete mi consuma e non mi da pace.

 

(gianfrancomarangoni 26/08/2012)

Grande Madre

Grande Madre

Grande Madre

Nei tuoi colori perdo lo sguardo
Nel giallo del grano, nel verde dei monti
Nell’arcobaleno dei prati fioriti
Nel sole rosso di una sera d’estate
Nelle foglie d’autunno
Nel bianco d’inverno come candida veste

 

 

Dei tuoi profumi riempio il respiro
Del muschio dei boschi, della pioggia che scroscia
Dell’uva matura che fermenta nei tini
Del pane fragrante nelle tavole in festa
Dei frutti maturi, dei giardini di rose
Dei tigli maestosi delle vie di paese

 

 

Ascolto:
Il rumore del mare e dell’acqua che scorre
di un torrente montano che la meta rincorre
Il silenzio incantato di una notte stellata
con il grillo che intona la sua serenata
Sulle fronde degli alberi mossi dal vento
il canto dei passeri,
eppure si ode un lamento

 

Poiché di te, Gande Madre, l’uomo ha perso il rispetto
con tiranna superbia incoronatosi re
sul tuo grembo ha regnato soggiogandoti a sé
 

E ti senti tradita, in fondo al cuore ferita
derubata ed offesa eppur non smetti di amare
fai feconda la terra con lacrime chiare

 

Prima che il mondo ponga fine a se stesso
mostragli, o Madre, tutto ciò che si è perso

Un cielo rosso al tramonto che catturi la scena
mostra a quest’uomo ancora un’alba serena

Nell’imminente risveglio che si spera vi sia
per far parte del Tutto in rinnovata armonia

 

(gianfrancomarangoni 17/08/2012)

 

   

 
E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno di noi

E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno di noi

Il pericolo è che oramai non faccia neanche più notizia, tanto ci siamo abituati a sentirne parlare, quasi convinti, o meglio rassegnati, che la situazione non possa altro che peggiorare. Crisi è una delle parole che va per la maggiore. C’è la crisi dei consumi, la crisi del lavoro, la crisi di liquidità, la crisi delle banche, la crisi del governo, la crisi della sanità, e così via. Tanto che siamo entrati in crisi, con noi stessi, perché questo stillicidio continuo di notizie allarmanti ci ha prima spavenati, poi frastornati, quindi sopraffatti, facendoci scordare che in ognuno di noi c’è una fonte di energia, la stessa alla quale l’uomo ha fatto ricorso nei momenti peggiori della sua storia. E a dirlo, molto tempo prima di me, è stato un tizio coi baffi che faceva Albert di nome e Einstein di cognome.

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e da più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d’uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno di noi, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non volere lottare per superarla.”

Albert Einstein “Il mondo come io lo vedo” (1931)